Una proposta GRATUITA per non dimenticare IL GIOVANE-FRATE-MEDICO-SANTO in una città – BRESCIA – che lo ha visto protagonista in tempi di fame e di TBC.
Sento dire che, organizzato dai Fatebenefratelli, un prestigioso comitato mondiale interdisciplinare comprendente rappresentanti ed esperti di etica, medicina, diritto, filosofia, teologia, assistenza infermieristica, lavoro sociale, etc. nei prossimi giorni dibatterà a Madrid sui problemi scottanti della BIOETICA…
Mi sono detto: “Bene. Noi, con i poveri mezzi di cui disponiamo, su un altro fronte, cerchiamo di difendere la MEMORIA, senza la quale anche un’istituzione plurisecolare può collassare“.
UN PO’ DI STORIA
Il 21 Settebre 1986 a ZELOFORAMAGNO di Peschiera Borromeo (MI), dove un tempo vivevo, veniva posta la prima pietra della PRIMA CHIESA dedicata a San Riccardo Pampuri, quella che vedete nella foto. Dovendo sostituire la vecchia piccola parrocchiale dedicata a San Martino, non più sufficiente dopo i nuovi insediamenti, la nuova prendeva il nome di PARROCCHIA DEI SANTI MARTINO E RICCARDO PAMPURI.
- 1992 Vengono ultimati i lavori edili. Essendo la chiesa vuota internamente iniziano le iniziative per arredarla. Il 18 Ottobre la chiesa viene benedetta. Erano presenti Mons. Maggioni e Mons. Arosio responsabili dell’Ufficio Nuove Chiese della Diocesi.
- 1993 Seconda visita pastorale di S.E. il Cardinale Carlo Maria Martini. È presente anche il progettista Arch. Canella, tutte le autorità locali e i parenti di San Riccardo.
- 1996 Lo scultore Bentivegna consegna le stazioni della Via Crucis in ceramica.
- 1997 Vengono ultimati i lavori di copertura in porfido del piazzale circostante la chiesa.
- 1998 Consacrazione della Chiesa (26 settembre) per il ministero dell’Arcivescovo Card. Carlo Maria Martini. Viene presentato il progetto di ristrutturazione dell’Oratorio.
Sulla sinistra del presbiterio c’è una statua bronzea del Santo, in grandezza naturale, opera dello scultore Ettore Cedraschi.
Da qui l’intuizione: sulla scorta di questo precedente, ma non solo, nulla vieterebbe di RINOMINARE la vecchia chiesa di Sant’Orsola dei Fatebenefratelli in Brescia, in CHIESA DI SANT’ORSOLA E SAN RICCARDO PAMPURI. Con buona pace degli Amministratori locali che non hanno bisogno di essere scomodati ed a perenne memoria per la città dove il santo medico ha assistito i malati, i chierici del Seminario Vescovile, distribuito pane e minestra ai poveri della città che si recavano ogni giorno nel vicolo di via Moretto, adiacente l’ambulatorio dentistico situato a fianco della chiesa (vedi foto) e di cui era il responsabile. Anni ’30: erano tempi di fame per tutti, anche per i frati.
Su questo portone, comunicante con la cucina, San Riccardo riceveva i poveri della città per i quali aveva ottenuto il permesso di offrire un pasto caldo. Sullo sfondo la via Moretto.
Il gruppo posa sotto il porticato dell’ospedale che tante volte il medico Fra Riccardo ha pulito con scopa e segatura, come si usava. Era proprio lì quel giorno quando un medico, vistolo dalla finestra a fare le pulizie: affacciatosi perché sentisse, ha gridato: “Suora, quello lì è matto”.
MA VENIAMO ALLA PROPOSTA
Ero partito in sordina, poi la cosa mi ha sempre più appassionato perché mi è sembrata fattibile, fattibi-lissima.
E credo che il nuovo Vescovo di Brescia Mons. Pierantonio Tremolada non avrebbe nulla in contrario, anzi!
Parlando di Sant’Anonio da Padova, il Vescovo Pierantonio ha detto: “ Questo Santo è una ricchezza, non solo per la nostra Città o per la Città di Padova, alla quale in certo senso siamo legati, proprio grazie a Sant’Antonio; è una ricchezza per tutta la Chiesa, tanto che è venerato in ogni parte della terra…
Conoscere questo imitatore di Cristo, perché i Santi non sono altro che imitatori di Gesù, significa suscitare l’interesse di tanti giovani, di tante persone che possono essere arricchite dai suoi insegnamenti e dal suo esempio, chiamati alla sua stessa generosità.”
Credo che non avrebbe nessuna difficoltà a dire che il giovane medico e poi frate San Riccardo è una ricchezza per la città di Brescia che ne ha sperimentato la professionalità e la santità, sia per i giovani che per i professionisti di ogni genere e grado.
Come se non bastasse, ecco le parole del santo Pontefice Giovanni Paolo II nel giorno della beatificazione:
“Erminio Filippo Pampuri, decimo di undici figli, a 24 anni è medico condotto e a 30 anni entra nell’Ordine Ospedaliero di san Giovanni di Dio (Fatebenefratelli). Solo tre anni dopo moriva.
È una figura straordinaria, vicina a noi nel tempo, ma più vicina ancora ai nostri problemi ed alla nostra sensibilità. Noi ammiriamo in Erminio Filippo, diventato nell’Ordine Fra Riccardo Pampuri, il giovane laico cristiano, impegnato a rendere testimonianza nell’ambiente studentesco, come membro attivo del Circolo Universitario “Severino Boezio” e socio della Conferenza di san Vincenzo de’ Paoli; il dinamico medico, animato da una intensa e concreta carità verso i malati e i poveri, nei quali scorge il volto del Cristo sofferente.
Egli ha realizzato letteralmente le parole, scritte alla sorella suora, quando era medico condotto: “Prega affinché la superbia, l’egoismo e qualsiasi altra mala passione non abbiano ad impedirmi di vedere sempre Gesù sofferente nei miei malati, Lui curare, Lui confortare. Con questo pensiero sempre vivo nella mente, quanto soave e quanto fecondo dovrebbe apparirmi l’esercizio della mia professione!”.
Lo ammiriamo anche come religioso integerrimo di un benemerito Ordine, che, nello spirito del suo Fondatore san Giovanni di Dio, ha fatto della carità verso Dio e verso i fratelli infermi la propria missione specifica e il proprio carisma originario. “Voglio servirti, o mio Dio, per l’avvenire con perseveranza ed amore sommo: nei miei superiori, nei confratelli, nei malati tuoi prediletti: dammi la grazia di servirli come servirei Te”: così scriveva nei propositi in preparazione alla professione religiosa.
La vita breve, ma intensa, di Fra Riccardo Pampuri è uno sprone per tutto il Popolo di Dio, ma specialmente per i giovani, per i medici, per i religiosi.
Ai giovani contemporanei egli rivolge l’invito a vivere gioiosamente e coraggiosamente la fede cristiana; in continuo ascolto della Parola di Dio, in generosa coerenza con le esigenze del messaggio di Cristo, nella donazione verso i fratelli.
Ai medici, suoi colleghi, egli rivolge l’appello che svolgano con impegno la loro delicata arte animandola con gli ideali cristiani, umani, professionali, perché sia una autentica missione di servizio sociale, di carità fraterna, di vera promozione umana.
Ai religiosi ed alle religiose, specialmente a quelli e quelle che, nell’umiltà e nel nascondimento, realizzano la loro consacrazione fra le corsie degli ospedali e nelle case di cura, Fra Riccardo raccomanda di vivere lo spirito originario del loro Istituto, nell’amore di Dio e dei fratelli bisognosi”.
CHIESA DI SANT’ORSOLA (Brescia)
La chiesa di Sant’Orsola è una chiesa di Brescia, situata lungo via Moretto, fra la chiesa di Santa Croce e l’intersezione con via Gramsci. Costruita all’inizio del Seicento dalle Orsoline con l’obiettivo di espandere la propria comunità religiosa cittadina, dopo la soppressione del 1797 fu recuperato dai frati del Fatebenefratelli che insediarono un grande ospedale nel convento annesso, ancora oggi attivo (ora non più). La chiesa rappresenta oggi la cappella del centro sanitario, ma la messa serale giornaliera è sempre aperta al pubblico. Contiene varie opere pittoriche e scultoree di Vittorio Trainini e una tela il “Martirio di Sant’Orsola” di Giovanni Battista Pittoni.
Storia
Le suore della congregazione delle Orsoline, fondata nel Cinquecento da sant’Angela Merici con sede nell’antica chiesa di Sant’Afra, oggi chiesa di Sant’Angela Merici, decidono agli inizi del Seicento di espandere la propria influenza in città, fondando a tal proposito un’ulteriore chiesa dove operare[1]. Nel 1620, il dottor Nicolò Solaro di Asti dona generosamente alle consorelle della compagnia una sua abitazione vicino alla chiesa di Santa Croce dove erigere il nuovo edificio di culto[1]. Nel 1627 la chiesa è già eretta e viene dedicata a sant’Orsola[1].
La consacrazione arriva due anni dopo, nel 1629[1]. L’espansione del monastero avviene rapidamente: nel 1656, durante una visita pastorale, il cardinale Pietro Ottoboni rileva una comunità di ben 250 religiose e sette cappellani[1].
Dopo la soppressione degli ordini religiosi nel 1797, la chiesa e l’attiguo convento passano a un collegio maschile e, alla fine dell’Ottocento, all’istituto dei Fatebenefratelli, che da allora la utilizzano come cappella dell’ospedale da loro fondato negli edifici annessi[1].
Durante il Novecento subisce un vasto intervento decorativo per mano di Vittorio Trainini, che tocca varie parti della chiesa, dalle vetrate agli altari, agli affreschi[2]. In quanto cappella dell’ospedale attiguo, la chiesa è solitamente chiusa, ma la messa serale giornaliera è sempre aperta al pubblico.
Struttura
La facciata, semplice e snella, è impostata su due ordini divisi da una trabeazione mediana. Quattro lesene equidistanti scandiscono quello inferiore inquadrando il portale d’ingresso, decorato da una cimasa triangolare e sormontato da un affresco raffigurante sant’Orsola all’interno di una cornice mistilinea. Il dipinto è stato eseguito nel Seicento da Giovanni Mauro della Rovere e restaurato nel 1748 da Antonio Dusi[1]. Ai lati si aprono invece due finestre. Nel comparto superiore è collocato il finestrone centrale e un frontone triangolare conclude il prospetto.
All’interno, la chiesa si sviluppa su navata unica coperta da volta a botte. Le pareti sono decorate da arcate incorniciate da lesene di ordine corinzio che accolgono le due cappelle laterali, poste a metà dell’aula.
Le spoliazioni operate all’inizio dell’Ottocento hanno portato alla dispersione delle varie opere d’arte che la chiesa doveva evidentemente contenere. La letteratura artistica antica segnala infatti la presenza di diverse opere tra cui una Sant’Orsola e le Vergini di Bernardino Gandino, figlio del più noto Antonio Gandino, una Santa Caterina con il Bambino Gesù di Ottavio Amigoni e uno stendardo con lo Sposalizio mistico di Santa Caterina e Sant’Orsola di Pietro Marone[1]. Le opere oggi custodite, pertanto, sono in larga parte di produzione ottocentesca e novecentesca, posizionate dai frati del Fatebenefratelli.
In controfacciata risalta la tribuna dell’organo, sostituito nel 1933 da uno strumento di Armando Macarinelli sia per ragioni di vetustà del precedente, sia per un incendio che ne aveva danneggiato la cassa[2]. I riquadri che adornano la balaustra lignea decorata a finto marmo recano vari strumenti musicali intagliati a bassorilievo e dorati. Lateralmente si aprono le vetrate ideate da Vittorio Trainini[2] rappresentanti due grandi angeli, mentre nel finestrone sommitale è raffigurata la Madonna con Bambino e i santi Raffaele e Giovanni di Dio. Sempre al Trainini è attribuito il simbolico Pellicano dipinto a monocromo al centro della volta e i decori sul fregio sulla trabeazione, dove putti e angioletti si alternano ad anfore e motivi floreali[2].
La cappella a destra, rinnovata dopo il 1861, è dedicata a san Giovanni di Dio, vissuto nel Cinquecento e fondatore dell’ordine dei Fatebenefratelli. L’ancona lignea dorata, con alla base angeli reggi fiaccola, è opera della bottega dei Poisa[2]. La pala, dipinta nel 1989 da Gabriele Saleri, raffigura San Giovanni di Dio mentre assiste gli abbandonati e i moribondi[2]. Verso la pala centrale convergono le due figure ad affresco, collocate sulla parete, di San Raffaele arcangelo a sinistra e di San Giovanni Evangelista a destra, realizzate sempre dal Trainini nel 1930[3.
Prima della ristrutturazione, questo era il “Coro” dove pregavano i frati, con veduta del presbiterio.
Il presbiterio ha sviluppo ampio con soffitto coperto da una cupola emisferica sul cui fondo, dorato dalla ditta Poisa e inciso da fitto intreccio di ovati con volti angelici, nel 1950 il Trainini ha rappresentato i Sette doni dello Spirito Santo, oltre alle Virtù nei tre lunettoni di imposta, ai simboli degli evangelisti nei pennacchi e alle architetture monocrome contornanti le bifore nelle pareti laterali, testimonianza dell’antico matroneo del convento[3].
Sull’altare maggiore risalta la pala con il Martirio di Sant’Orsola, dai colori chiari e luminosi, realizzata nel 1748 da Giovanni Battista Pittoni[3]. Il pittore raffigura con grande vivacità[3] la scena del martirio della santa, con quest’ultima attorniata dalle compagne sulla riva del mare mentre sta per cadere a terra colpita da una freccia.
Nella cappella di sinistra è collocata l’immagine della Madonna del Buon Consiglio, molto venerata dai Fatebenefratelli[3]. La cornice lignea che contiene la pala viene realizzata nel 1950 dai Poisa su disegno del Trainini[3]. Nella chiesa sono esposte altre quattro opere di Gabriele Saleri, raffiguranti religiosi dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio e appese sugli architravi al centro di ogni intercolumnio tra le lesene perimetrali: la prima a sinistra rappresenta Sant’Eustachio Kugler, l’opposta il Beato Benedetto Menni, la seconda a destra è San Giovanni il Grande e la seconda a sinistra San Riccardo Pampuri[3][4].
Organo
Sulla cantoria situata a ridosso della controfacciata, vi è l’organo Maccarinelli[5], costruito nel 1933 e in seguito più volte restaurato in sostituzione di un organo Bolognini che, a sua volta, era stato sostituito da un organo Tonoli. La mostra, incorniciata fra due robuste colonne corinzie dorate che sorreggono un timpano triangolare, è costituita da tre cuspidi di canne del registro Principale 8′. L’organo è a trasmissione pneumatica ed ha due tastiere di 61 tasti ciascuna e una pedaliera di 27 note. Di seguito la disposizione fonica:
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La tela che ricorda San Riccardo è sulla parete sinistra della chiesa, opera del pittore Gabriele Salieri.
Così scriveva Massimo Pandolfi sul Resto del Carlino (16.03.2008)
IL MIRACOLO DI SAN RICCARDO (E DON GIUSSANI)
Sono reduce da un week end in Lombardia e ho fatto visita, in mattinata, a un paesino di poche migliaia di abitanti dove, ormai da anni, si verificano miracoli quotidiani.
Il paesino si chiama Trivolzio, è nella Bassa Pavese, 30km da Milano, direzione Genova, uscita autostradale Bereguardo. Lì, nella chiesa, ci sono le spoglie di San Riccardo Pampuri, un santo qualunque fino a neanche 20 anni fa, vissuto a cavallo del 1900.
Un santo qualunque fino a quando, un bel giorno, monsignor Luigi Giussani, il fondatore del movimento di Comunione e Liberazione, chiese ai suoi ragazzi: “Dite qualche gloria a San Riccardo Pampuri: dobbiamo valorizzare i santi che Dio ha creato tra noi, nella nostra epoca e nella nostra terra. Bisogna invocarlo: un gloria a Pampuri tutti i giorni”.
I ciellini si sono mossi. Da quel giorno, san Riccardo Pampuri _ che era un medico condotto che poi si fece frate e che è morto giovanissimo (aveva appena 33 anni, come Gesù) _ è diventato il simbolo di Cl, ma non solo di Cl. E’ diventato famoso in tutto il mondo e dopo San Francesco e San Pio, è il santo più venerato in Italia.
La grandezza di San Riccardo stava nella semplicità. Diceva: “Abbi grandi desideri, cioè desiderio di grande santità, ma fai anche le cose piccole, minime, con grande amore”. E’ chiamato il santo della quotidianità, il santo che rende straordinario l’ordinario.
Pare che San Riccardo abbia fatto, in questi anni, decine e decine di miracoli. La chiesa è piena di ex voto, di ringraziamenti, di fiocchi azzurri e rosa. Sono stati stampati decine di libri, addirittura una storia a fumetti e oggi, nella domenica delle Palme, il parroco don Beretta non sapeva come far stare in chiesa quelle mille persone che volevano, che volevamo partecipare alla Santa Messa. La chiesa terrà cento persone, poco più. Ha fatto installare gli altoparlanti fuori, ormai succede sempre così. E’ strapiena dalla mattina alla sera, tutti i giorni, quella chiesetta.
Il bello è che è diventato ordinario anche questo straordinario boom. Vedi gente di tutti i tipi a Trivolzio, gente che va lì, si inginocchia davanti a San Riccardo, bacia magari le relique, recita un Gloria e poi torna a casa.
Non si chiedono solo i supermiracoli a Trivolzio.
No, si va a trovare un amico, un modello da seguire. Domani, molto banalmente, è lunedì e ci saranno i soliti problemi d affrontare: al lavoro, a casa, nella vita che viviamo. Problemi che ci sembrano a volte giganteschi. Ma da San Riccardo impari sempre qualcosa. “Fai anche le cose piccole, minime, con grande amore”. Ecco, ripartire domani, lunedì, da queste semplici, splendide parole, è forse il miracolo più grande che può fare San Riccardo Pampuri per noi uomini moderni.
Vi do un consiglio: se passate da quelle parti, fermatevi da San Riccardo. Si sta bene, lì.
N. B.
Angelo Nocent
Tutto vero. Ma chi non ha tempo o non trova agevole andare a Trivolzio, la Chiesa di Sant’Orsola di via Moretto a Brescia, dove San Riccardo Pampuri ha fatto il noviziato, esercitato l’arte medica, distribuito il pane a i poveri e trascorso quasi tutti gli anni della sua breve vita religiosa, è luogo ideale per respirare la medesima aria e spiritualità.
Ma c’è di più. Per la circostanza, degna collocazione potrebbe trovare la traslazione dell’insigne reliquia del “cuore”, attualmente venerata nella Casa di Riposo di Trivolzio e sconosciuta ai più. Non solo: la struttura dell’ex ospedale, attualmente in disuso, potrebbe essere trasformata in Centro di Spiritualità, di Orientamento Vocazionale, a disposizione anche della Diocesi ed in Circolo Missionario. Non va dimenticato che il Dr. Pampuri, come riferiscono le testimonianze, “Una volta all’anno andava a Triuggio per fare gli Esercizi Spirituali nella Villa Sacro Cuore insieme ai Professionisti. Istituì turni di Esercizi a Triuggio per i giovani del Circolo, pagando quasi tutto lui. Vi mandava anche uomini non iscritti al Circolo” (Test. XXV).
E’ testimoniato altresì che il Dr. Pampuri “arrivato a Morimondo…cominciò ad avvicinare i giovani meglio disposti e li invitò a formare il Circolo della Gioventù di Azione Cattolica. I giovani, non potendo resistere alla forza del suo esempio, aderirono all’invito ed egli formò il Circolo che volle intitolare a Pio X. I soci tutti regolarmente tesserati erano più di 30. Egli fu il primo Presidente del Circolo e rimase in carica din verso la fine del 1926…” (Test XXV).
Le Missioni furono per il Pampuri sempre l’aspirazione non appagata per la debolezza della salute ed assieme la banca segreta, a cui affidava tutti i risparmi per avere interessi sempre maggiori per un’eternità felice.
Numerose furono le iniziative per sentirsi missionario, pur rimanendo in patria, quali il conforto frequentissimo alla sorella in Egitto, le offerte raccolte presso malati ed amici, la partecipazione alle organizzazioni diocesane e mostrando in tutti dedizione e generosità per ottenere la stessa mercede dell’Apostolo. Dunque…?
Aprire, aprire, spalancare le porte… E’ detto chiaramente in GIOELE 2, 28-32: «Dopo questo, avverrà che io spargerò il mio spirito su ogni persona: i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri vecchi faranno dei sogni, i vostri giovani avranno delle visioni. Anche sui servi e sulle serve, spargerò in quei giorni il mio spirito”.
E’ stato scritto che “come a Morimondo anche a Brescia, nel convento-ospedale di S. Orsola, rifulsero gli atti eroici di Fra Riccardo, che edificarono i compagni di Noviziato e, dopo la professione, avvenuta il 24 ottobre 1928, e l’ubbidienza di dirigere l’ambulatorio dentistico del nosocomio bresciano, lasciarono un’impronta indelebile negli assistiti, convinti di aver avvicinato non il religioso-dottore, ma una persona straordinaria, cara al Dio “dives in misericordia”, al quale si era consacrato e in lui continuava l’opera di sollievo alla umanità sofferente”. (Gianfranco Radice in “Un dottore della Mutua di Dio”.
Ecco i PERCHE’ della chiesa di SANT’ORSOLA E DI SAN RICCARDO PAMPURI in Brescia.
NOTE
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^ a b c d e f g h Marina Braga, Roberta Simonetto, pag. 119
BIBLIOGRAFIA
-
Marina Braga, Roberta Simonetto (a cura di), Verso porta San Nazaro in Brescia Città Museo, Sant’Eustacchio, Brescia 2004
Da Wikipedia:
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_Sant%27Orsola_(Brescia)